Imprimetevelo bene in quelle testoline, ora siete una mia proprietà e se non posso usarvi come dico io, allora vi butto via.
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Daniel Kaouri è un giovane che ha subito violenza nel modo più indicibile, il suo desiderio di rivalsa darà il via a una sanguinosa vendetta verso coloro che lo hanno spezzato nel corpo e nell’anima.
Alex Forti è un agente dell’investigativa di Rimini, un ligio poliziotto che nasconde una natura oscura, che a stento riesce a trattenere e che sempre più spesso sfocia in un forte bisogno di fare del male agli altri.
Cesare Marziali è un rinomato psichiatra che usa la propria posizione privilegiata per manipolare le persone, un narcisista maligno che gode nel dominare il prossimo, nascosto come un lupo tra gli agnelli dietro a una maschera di gentilezza e cortesia.
Queste tre anime danno voce al racconto destinato a incontrarsi nella Casa delle Bambole, una tetra villa dispersa nelle campagne riminesi che nasconde il più oscuro dei segreti.
Tre anime unite inconsapevolmente dal destino, che non risparmierà nessuno.
Imprimetevelo bene in quelle testoline, ora siete una mia proprietà e se non posso usarvi come dico io, allora vi butto via.
ANNO DI PUBBLICAZIONE | Maggio 2025 |
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ISBN | 9791282177023 |
Genere | Narrativa |
Pagine | 254 pagine |
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Alberto Tronchi (Forlì 1978) è un game designer e scrittore con all’attivo oltre venti pubblicazioni realizzate con il collettivo creativo Black Box Games. Sotto questa etichetta pubblica giochi di ruolo, tra cui Evolution Pulse e Dunqora: Le Cronache delle Guerre Eterne. Il progetto più importante è però Broken Tales, realizzato tramite campagne di crowdfunding che hanno portato il titolo anche in edizioni estere di successo, tra cui America, Francia e Spagna.
Negli anni si è dilettato nella scrittura di racconti per antologie, vincendo diversi concorsi e pubblicando inoltre due libri gioco: Echo 931 Primo Contatto ed EdeNedE.
Impegnato da sempre nella divulgazione del gioco come forma di espressione e cultura, tiene corsi di game design e consulenze per diverse realtà editoriali.
La Casa delle Bambole è il suo primo romanzo.
Divampa una rivolta in Francia.
Insorgono i nuovi miserabili.
Dalle banlieue al cuore delle città l’urto si propaga. Sconvolge economia, frontiere, finanza e istituzioni. Tremendo il contraccolpo per l’Italia, vertiginoso il tracollo. Lo Stato scalcia, vacilla e schianta nel volgere di un’estate. L’ultima, in tempo di pace.
Sgretolamento, frantumazione, apnea dell’ordinario…
Ma è quando i vincoli sociali si allentano, che affiorano le vite.
Pinti ne afferra sette. Sette traiettorie emblematiche come carte dei tarocchi, allo stesso modo ambigue, irripetibili, contraddittorie. Le mescola in una trama di rimandi e corrispondenze, le accarezza con una scrittura capace di trattenere, da ogni gesto e da ogni pensiero, una particolare luce. Sempre fraterna, a tratti ironica, mai giudicante.
Che sia un viaggio con lo zaino in spalla o una crisi di governo, una guerriglia urbana o una capriola tra le foglie, ogni pagina schiude un orizzonte dov’è lo spazio intimo a scavare nel politico, di fenditura in fenditura, fino a svuotare molte delle parole con cui la civiltà si ostina a raccontare se stessa.
Un romanzo di stirpe nuova, barbarico e delicato.
Una sinfonia picaresca, a strapiombo sul caos.
Una nicchia per creature selvatiche, nell’ora incerta del tramonto.
Quando muore, Ciccitta Lampis lascia la nipote Lia e le figlie Ruth, Ester e Noemi in condizioni economiche difficili. Dopo una lunga riflessione, l’unica soluzione possibile sembra la vendita del numero venti, un edificio lungo la via principale del paese, di proprietà della famiglia da generazioni. Ma l’arrivo di Giorgio Albert da Parigi stravolgerà ogni piano: prima del decesso, Ciccitta ha firmato con lui un contratto di locazione perché possa aprirvi una libreria. La follia del progetto oltraggia tutto il paese: leggono in troppo pochi a Santa Gisa perché possa avere successo.
Sullo sfondo di un piccolo centro del sud ovest sardo, il numero venti si farà crocevia di romanzi e di tradizioni perdute che non solo ricorderanno alle Lampis quanto della loro storia abbiano messo da parte, ma faranno soffiare impetuoso il vento del cambiamento su una comunità che ha dimenticato sé stessa.
A centocinquanta anni dalla nascita di Grazia Deledda, Mezzo giro di velluto omaggia le atmosfere e i personaggi di Canne al vento, raccontando con un tocco di realismo magico il velo sottile che separa la vita e la morte.
Sedici anni di calcio, di tifo e di vita.
La crescita personale, le emozioni e ti travagli di un bambino che attraversa l’infanzia e l’adolescenza fino a ritrovarsi uomo; accompagnato in tutti quegli anni da una passione travolgente: la Juventus.
Urla, risa, abbracci… Pianti di gioia e dolore…
Un amore che accompagna Mikael dal giorno della sua Prima Comunione: era il 5 maggio 2002.
La libreria è piccola, di paese. Ha gli scaffali ricoperti di carta crespa colorata e una sola vetrina, dalla quale entra imperiosa la luce del giorno. Dentro, una scrittrice – Lei – presenta il suo libro, il raggiungimento di un sogno. A guardarla, Emil. Coppola in testa e posa strafottente… o forse no. Perché le parole di Lei gli cadono addosso, dentro. E non può evitare di consegnarle di nascosto le sue, di parole, anche se solo su un biglietto scritto a matita e infilato di nascosto nel libro che la scrittrice porta sempre con sé. Poi, aspetta di vederla uscire e allontanarsi prima di andare a casa e attenderne l’arrivo. Quando entra però non è solo, perché altri sono già arrivati prima di lui. Li conosce bene, ognuno ha un nome e un peso in questa serata calda che sa di teatro. Tati e le sue scarpe col tacco, seduta sulla poltrona di velluto verde che chiede del vino, Nané che pettina una bambolina, Donna Melina e il suo foulard di seta floreale che le nasconde gli anni e la storia. E il Signor Tim, che fuma.
Ma Lei dov’é? Sa che la stanno aspettando? Tra una sigaretta, una Rossana e dell’Amarone servito in un calice, cinque persone attendono la voce di colei che decreterà il loro futuro, chi tra loro potrà restare quella notte e quella dopo ancora.
La verità è che siamo composti da mille strati di noi stessi, stesi e attaccati l’uno all’altro, che mischiano odori, umori, sapori. Siamo il frutto di ciò che ascoltiamo, guardiamo e impariamo dal primo istante di vita, e tutto resta a farne parte, per dare il senso di ciò che mostriamo di essere al mondo.
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