… così intuii quanto fosse volubile la verità e voluttuosa la menzogna.
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A Ruben Pacheco, un giardiniere con un passato torbido e burrascoso, sembra una giornata come tante. Ma mentre si trova su un viale di Rio, viene centrato da un pesante palo di cemento. Nei pochi secondi di vita che gli rimangono, tanto lusinga la Morte che questa gli concede il tempo per ripercorrere le vicende della sua vita. Da un’infanzia in un piccolo villaggio del Portogallo, segnata da continue umiliazioni per la sua ridotta statura e per una incipiente balbuzie, alla scoperta del magico talento di saper convincere chiunque a credere alle sue parole. Questa sarà la chiave per capovolgere un destino avverso e ascendere nello spietato e liquido mondo della propaganda.
“Il mago del cespuglio” è un viaggio comico, decadente, caustico e profondo all’interno del labirinto della sopravvivenza, della casualità e dell’eterna lotta tra subire la vita e prenderne il controllo.
Con una scrittura originale, vivace e pungente, Alessandro Genovese ci regala un romanzo che mescola filosofia, comicità e pathos, in cui ogni pagina sorprende e lascia il lettore con una domanda più attuale che mai: e se tutto ciò che ci fanno credere fosse solo una menzogna costruita ad arte?
… così intuii quanto fosse volubile la verità e voluttuosa la menzogna.
ANNO DI PUBBLICAZIONE | Aprile 2025 |
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ISBN | 97988832195958 |
Genere | Narrativa |
Pagine | 348 pagine |
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Alessandro Genovese nasce nel 1971 a Roma. Il suo carattere ribelle e la sua vena creativa trovano sfogo nella lettura di autori quali Sciascia, Calvino, Camus, Bulgakov, Allende, Tabucchi, Garcia Marquez, Saramago e altri.
Nel 2019 pubblica il suo primo romanzo “Proprietà degenerative della materia e altre catastrofi” (Edizioni Effetto) un’aspra critica al materialismo camuffata da commedia grottesca, nel 2020 pubblica “Fiabacce” (Edizioni Effetto) una raccolta di favolelli satirici in stile trecentesco su vari temi etici, partecipa all’antologia di racconti “I sette vizi capitali” con “Superbia”, all’antologia “Blu di blu” con “Il mio speciale volo nel blu” e al blog letterario “Topsy Krets” con il racconto “Diario postumo di Anna Frank”.
“Un meccanismo perverso” è il suo secondo romanzo.
Illustratrice: Francesca Claut
Poemetti rimati in stilnovo in chiave moderna che trattano temi diversi tra cui le contraddizioni dell’età moderna visti da un giullare medievale, l’assurdità della guerra in tutta la sua tragicomica essenza, pregi e difetti degli italiani di ieri e di oggi attraverso una immaginaria quanto comica conquista di Carlo V del patrio stivale, l’eterno conflitto tra Sapere e Ignoranza, l’importanza della differenza tra gli uomini narrata con un taglio surreale e ironico, lo sfruttamento minorile dovuto al contrasto tra il mondo ricco e quello povero, la creazione dell’uomo e della donna in tono satirico e un dialogo surreale su un mondo ideale tra Tommaso Moro, Platone ed Erasmo da Rotterdam.
Un meccanismo perverso è un noir psicologico costruito sulla confessione epistolare di un omicidio in procinto di essere commesso. Il quando e il come assumeranno lo stesso valore del movente, in un tempo non tempo scandito dall’eco sinistro di un antico orologio a pendolo.
In un continuo capovolgimento di ruoli tra vittima e carnefice, il lettore potrà scegliere di schierarsi da una o dall’altra parte cercando di svelare il gioco e il senso della storia prima dell’epilogo.
Proprietà degenerative della materia e altre catastrofi è la surreale storia di Palmiro: un uomo apparentemente paranoico, ma in fondo come tanti, in balia delle sue strane vicende della vita. Il fato lo prenderà di mira più volte, su di lui si abbatteranno catastrofi che supereranno l’immaginazione più sfrenata, e proverà tutte le croci e le delizie dell’anima.
Una lente acuta, tagliente e ironica metterà a fuoco l’iprocrisia sempre più diffusa, l’inganno dei falsi valori, l’isolamento e la mercificazione dei sentimenti. Una lente che non risparmia nessuno.
La voglia, più o meno consapevole, di comprendere ciò che manca nella loro vita, conduce Anna, Nunzia e Raffaella, per motivi diversi, ad appassionarsi ai Balcani e a incontrarsi proprio lì.
La libreria è piccola, di paese. Ha gli scaffali ricoperti di carta crespa colorata e una sola vetrina, dalla quale entra imperiosa la luce del giorno. Dentro, una scrittrice – Lei – presenta il suo libro, il raggiungimento di un sogno. A guardarla, Emil. Coppola in testa e posa strafottente… o forse no. Perché le parole di Lei gli cadono addosso, dentro. E non può evitare di consegnarle di nascosto le sue, di parole, anche se solo su un biglietto scritto a matita e infilato di nascosto nel libro che la scrittrice porta sempre con sé. Poi, aspetta di vederla uscire e allontanarsi prima di andare a casa e attenderne l’arrivo. Quando entra però non è solo, perché altri sono già arrivati prima di lui. Li conosce bene, ognuno ha un nome e un peso in questa serata calda che sa di teatro. Tati e le sue scarpe col tacco, seduta sulla poltrona di velluto verde che chiede del vino, Nané che pettina una bambolina, Donna Melina e il suo foulard di seta floreale che le nasconde gli anni e la storia. E il Signor Tim, che fuma.
Ma Lei dov’é? Sa che la stanno aspettando? Tra una sigaretta, una Rossana e dell’Amarone servito in un calice, cinque persone attendono la voce di colei che decreterà il loro futuro, chi tra loro potrà restare quella notte e quella dopo ancora.
La verità è che siamo composti da mille strati di noi stessi, stesi e attaccati l’uno all’altro, che mischiano odori, umori, sapori. Siamo il frutto di ciò che ascoltiamo, guardiamo e impariamo dal primo istante di vita, e tutto resta a farne parte, per dare il senso di ciò che mostriamo di essere al mondo.
Quando muore, Ciccitta Lampis lascia la nipote Lia e le figlie Ruth, Ester e Noemi in condizioni economiche difficili. Dopo una lunga riflessione, l’unica soluzione possibile sembra la vendita del numero venti, un edificio lungo la via principale del paese, di proprietà della famiglia da generazioni. Ma l’arrivo di Giorgio Albert da Parigi stravolgerà ogni piano: prima del decesso, Ciccitta ha firmato con lui un contratto di locazione perché possa aprirvi una libreria. La follia del progetto oltraggia tutto il paese: leggono in troppo pochi a Santa Gisa perché possa avere successo.
Sullo sfondo di un piccolo centro del sud ovest sardo, il numero venti si farà crocevia di romanzi e di tradizioni perdute che non solo ricorderanno alle Lampis quanto della loro storia abbiano messo da parte, ma faranno soffiare impetuoso il vento del cambiamento su una comunità che ha dimenticato sé stessa.
A centocinquanta anni dalla nascita di Grazia Deledda, Mezzo giro di velluto omaggia le atmosfere e i personaggi di Canne al vento, raccontando con un tocco di realismo magico il velo sottile che separa la vita e la morte.
La tranquillità di un piccolo paese della provincia bresciana viene stravolta da un omicidio inquietante e morboso, l’ultimo di una serie.
Ed è quando l’Interpol si presenta alla porta del distretto di Polizia per reclamare informazioni su quel delitto, che l’ispettore capo Filippo Santacroce viene catapultato in una storia via via più tortuosa.
Si tratta davvero di un killer seriale? L’unica certezza è che l’autore delle macabre opere comunica attraverso rompicapi e tatuaggi. Che anche lui si stia nascondendo da qualcuno? E soprattutto, perché vuole proteggere gli investigatori?
Santacroce si troverà quindi proiettato in una storia al di là del tempo e dell’immaginario, il frutto di una programmazione ben precisa iniziata molto tempo prima. Le indagini apriranno squarci su una realtà terribile, una verità paradossale e inverosimile in cui la morte di povere donne è solo il mezzo per arrivare a qualcosa di molto più complesso.
Per risolvere il caso, Santacroce non solo dovrà fare i conti con l’orrore, ma si troverà costretto a indagare su se stesso, sul suo passato e sulle insicurezze che lo attanagliano. E se questo fosse solo l’inizio?
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